Posso decidere della mia vita? Posso pensare che, nel momento in cui qualcosa dovrebbe impedirmi di ragionare, di agire, e mi obbligasse a vivere dipendente da un altro, in quel momento qualcuno mi staccasse la spina? E' un mio diritto pretendere che, chi mi sta accanto ponesse fine alle mie sofferenze?
In Italia, ancora oggi non esiste una legge vera e propria che regoli l'eutanasia. Esiste la legge 578/93 sull'accertamento della morte cerebrale, che insiste sulle regole da seguire nei casi in cui una persona malata si trovi in rianimazione in condizioni critiche. La procedura prevede alcuni criteri di accertamento di morte celebrale: stato di incoscienza, assenza di riflessi del tronco e silenzio elettrico cerebrale. In questo caso il medico anestesista rianimatore, o il responsabile del reparto chiedono che si costituisca un collegio medico formato da tre specialisti, un rianimatore, un medico legale e un neurofisiologo.
Tale collegio riosserva il paziente secondo un protocollo normato. L'osservazione si realizza secondo dei tempi che differiscono dall'età del paziente: 24 ore entro il primo anno di eta', 12 ore da uno a cinque anni, e 6 ore oltre i 5 anni. Nel caso in cui tale stato comatoso dovesse continuare, il collegio decide, in piena libertà, di porre fine all'esistenza del paziente.
Ma il punto è: se si accetta che la vita è un dono da noi non richiesto e che, essendo tale devo vivere come gratitudine; se si accetta di porre nelle mani di un'altra persona la propria vita, sino alla fine, in coscienza e in piena libertà, perché dovrei decidere di farmi uccidere nel caso in cui non posso più agire? Perché, invece accettare il fatto che la vita, essendo dono, non è in fondo di nostra proprietà e quindi non possiamo decidere nulla sia sull'inizio sia sulla sua fine? Perché non pensiamo, che colui, o colei che viene costretto dalla nostra decisione a porre fine alla nostra esistenza, possa non essere d'accordo e dunque trovarsi in una situazione morale che lo ponesse nelle condizioni di errore, di illecito?
La vita è... anche quando tutto sembra perso; anche nel momento più critico dell'esistenza, la vita è. Sopratutto quando questa si vive in una unione che va al di là del fatto giuridico e si realizza nell'atto d'amore profondo del consumarsi per l'altro. Non possiamo più decidere da soli; non siamo più uno, ma due e in due si affronta la vita e non si può scegliere di vivere fino a quando va tutto bene, perché l'amore si esprime soprattutto quando va tutto male.
Viviamo l'amore di consumazione per l'altro, anche quando questo è fare un passo indietro nelle mie decisioni. Perché la vita non è nostra.