Il senso dell'essere...

E' bello poter vivere con i fratelli occasioni particolari, che rimangano nel tuo cuore. E' meraviglioso sapere che le tue stesse sensazioni sono vissute dagli altri nello stesso modo. E' stupendo comprendere come ciò che interessa all'altro non sei tu per ciò che rappresenti, ma per ciò che sei. Vivere profondamente l'esperienza dell'amicizia, che è fondata sull'amore vicendevole che Cristo ci ha mostrato, è l'unica modalità per cui tutto ciò si può avverare. "Pietro mi ami? si, Padre, con tutti i miei limiti io mi sforzo di amarti nel fratello che mi poni dinanzi.

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venerdì 25 maggio 2012


Maria donna del servizio


          Pochissime parole dei vangeli ci dicono qualcosa su di Lei. S. Paolo si sforza di dire di Gesù che è "nato da donna" (Gal 4,4). La sua presenza sembra marginale nell'annuncio del kerygma, che gli evangelisti urlano alle loro comunità. Eppure sin da subito la comunità credente vede in Lei qualcosa di particolare. Si, Lei è la madre del bambino adagiato nella mangiatoia, del bimbo che sapientemente risponde ai sapienti del tempio, è la madre del pazzo che va contro la Legge e l'autorità costituita, la madre del bestemmiatore, dell'appeso alla croce. È la madre del risorto, è la madre del Cristo, è la madre di Dio (così la chiesa nel concilio di Efeso proclama Maria). Da allora molti Padri della chiesa hanno scritto di Lei, hanno riflettuto su di Lei, hanno pregato per Lei, con Lei e attraverso Lei. Ma cosa scatta veramente nei cuori dei devoti, dei cristiani che a Lei si affidano, perchè Maria sia così vicina a noi, sia così intima nelle vite delle mamme di tutti i tempi, negli uomini che soffrono le vicissitudini quotidiane? Ciò che la fa essere così intima all'uomo e alla donna è il suo essere stata sempre pronta a rispondere. Lei risponde. E il suo modo di rispondere non è quello della sapienza, ma quello del servizio.
Del servizio silenzioso. Pronto a mettere tutta se stessa. Questo è quello che Maria ha fatto.
         
«38Allora Maria disse: "Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola". E l'angelo si allontanò da lei.
39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?» (Lc 1, 38-40.43)

            L'angelo aveva appena finito di dire a Maria cosa doveva avvenire di Lei. Qualcosa di misterioso, ma ancora di più, sconvolgente. La persona più normale avrebbe risposto rifiutandosi di accettare le cose pazzesche che l'angelo ha annunciato. Lei invece risponde in quel modo: "Ecco la serva del Signore".
            Da un punto di vista sociologico  per la donna ebrea non andava tanto bene al tempo di Gesù. Era una creatura, ma non all'altezza dell'uomo. Essendo in una cultura patriarcale, l'uomo era padrone e signore della casa. Già questo dice tanto. La donna non poteva partecipare alla vita politica che era anche vita religiosa, non solo, ma nel tempio, la donna aveva un suo spazio distante dall'atrio degli uomini, che era molto più vicino alla santa dimora, e che questo spazio non poteva essere mai superato. Tanto era bassa la loro situazione sociale, che non potevano nemmeno uscire di casa a volto scoperto (pena il ripudio da parte del marito). Quindi anche la dimensione familiare non era diversa da quella sociale. Il divorzio era permesso, e dipende le scuole di pensiero sulla legge familiare, anche per semplici sciocchezze: per esempio non sapere cucinare a dovere, o guardare un altro uomo, o non sapere fare le faccende di casa. I figli maschi erano da loro educati sino ad una certa età, poi la loro educazione era ad appannaggio del marito. Diversamente era per l'educazione delle bambine, che sin da piccole erano portate ad agire come le madri, al servizio continuato alla famiglia e al marito. Non avevano l'obbligo di studiare la torah, la Legge, ma il dovere di rispettarne i contenuti. Questo era anche per Maria. Anche se sappiamo, attraverso i vangeli apocrifi, che era figlia di gente ambiente e ricordiamo che la stessa Scrittura ci dice che Zaccaria ed Elisabetta sono suoi parenti. Maria era abituata a leggere la Torah, conosceva la Scrittura e come la gente come lei, anche Lei aspettava l'avvento del Messia. Ma questo non toglie l’essere una donna, una giovane donna. Lei era già, per la sua età a servizio. Era "Serva".
            Dal punto di vista letterale il termine Serva/Servo nell’intera Sacra Scrittura viene riportato in due modi diversi Doulos (masch.)/Doule (fem.) e Pais (masch.)/Paidiske (fem.)
            Nei casi del maschile, cioè Doulos e Pais entrambi i termini sono molto usati per esempio nell’AT. per indicare tutto il popolo di Israele e ogni israelita nell’atto della preghiera del salmo, anche per Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè, Giosuè, Sansone, Samuele, Saul, Davide, i profeti etc. Nel N.T. indicano: Simeone, Pietro, Paolo, Sila, Timoteo, Epafra, Giacomo, e soprattutto Davide e Gesù e di conseguenza i cristiani in genere e gli evangelizzatori. Al femminile, Doule e Paidiske sono molto meno usati: Doule nell’A.T. è usato solo 5 volte (3 volte nella preghiera di Anna, mamma di Samuele e 2 volte nel Libro di Ester) e nel N.T. 2 volte nel nostro brano e in At 2 per citare Gioele 3. Il termine Paidiske, invece, nell’A.T. è quasi inesistente tranne per i casi indiretti in cui si fa riferimento a tutte le mamme di Israele in contesto di preghiera. Mai viene usato per il N.T. Tutto ciò per sottolineare il fatto che, il titolo hē doûlē Kyríou (la serva del Signore), viene dato solo a Maria, madre di Gesù.
          Ma cosa vuol dire servizio?
Alla parola servizio colleghiamo diversi ambiti della nostra vita. Il più delle volte, quando parliamo di "servizio" il nostro pensiero va subito all'ambito lavorativo. Sin dai tempi antichi il rapporto tra gli uomini, che implicava uno scambio economico, o un semplice contraccambio, è stato caratterizzato dall'azione lavorativa dell'uno per usufruire del compenso dell'altro. Proprio questa azione è connotata come servizio. Da qui i modi di dire: essere in servizio, avere un servizio più o meno complesso, mettersi a servizio. Il termine comunque connota, quasi sempre, una dimensione di asservimento (non necessariamente sofferente), di necessaria sottomissione alla quale l'uomo deve sottostare. Nel limite del legale, qualsiasi uomo che ha a che fare con il lavoro, è assoggettato al servizio. Chi detta le regole del servizio, è qualcosa che va al di là dello stesso volere del singolo. Possiamo dire, in termini economici, che sia il mercato a dettare le regole per cui un datore di lavoro, o un lavoratore autonomo si impongono un certo obiettivo, e di conseguenza l'impiegato è necessitato a realizzare. Il fine è sempre quello di raggiungere un certo utile. A questo "utile" è legato tutto il sistema sociale. Questo è vero a maggior ragione in questi giorni. L'uomo, a tutti i livelli del sistema economico, è usato come "strumento" per la realizzazione di questo presunto benessere, di questo presunto "utile".
          Un altro ambito collegato alla parola "servizio" e che oggi giorno è sempre più usato, è quello sociale. Si è a servizio della gente, si offre un servizio. L'ambito del servizio sociale può essere sia a scopo economico, sia a scopo puramente volontaristico, ossia senza fini di lucro. È il servizio che ha come base un ideale: ecologico, assistenziale, informativo etc. Il fine può anche essere l'uomo, ma non necessariamente.
          Come si nota, in questi due modi di intendere di ciò che pensiamo noi del "servizio", l'essere Serva di Maria non vi rientra affatto. Ma Lei si dice Serva. Serva non ad uomo, non per appagare il proprio interesse, ma per conseguenza necessaria alla sua risposta ad un invito vitale. La vita di Maria è servizio a Dio. È un servizio unico, sebbene non particolare. Perchè non particolare? perchè Lei è stata mamma come tutte le mamme del mondo. Unico, invece, perchè è stata madre del suo Dio. Lei è la Madre, sotto questo punto di vista è madre per eccellenza.

Avvenga per me secondo la Tua parola: Maria si mette a disposizione di ciò che l'angelo le ha annunciato. Consapevole? sapeva a cosa andava incontro? È vero che Lei conosceva e viveva la speranza dei giudei: il Messia. Ma cosa voleva dire mettersi a suo servizio, questo no! Se il Messia era colui che, unto da Dio, doveva cambiare l'ordine del mondo, attuando la volontà dell'onnipotente, cosa voleva dire allora essere la sua Serva. Dal profeta Isaia conosciamo quale sia la volontà di Dio:

«6Il lupo dimorerà insieme con l'agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. 7La mucca e l'orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. 8Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso. 9Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la conoscenza del Signore riempirà la terra come le acque ricoprono il mare.» (Is 11, 6-9)

... non solo questo, ma il Messia sarà colui che...

«3Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; 4ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. Percuoterà il violento con la verga della sua bocca, con il soffio delle sue labbra ucciderà l'empio. 5La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi.» (Is 11, 3-5)

          Maria sa tutto questo. Allora cosa dovrà fare? Essere come il suo Signore. Da qui si connota la natura dell'essere Serva di Maria. Ciò che si prospetta a questa giovane donna è il farsi in tutto e per tutto al suo Signore. Non può non essere così. Magari anche per imitazione, ma in Lei non c'è questo, perchè in Lei sta nascendo questo Messia, che prende forma umana in Lei, ma che, nello stesso tempo la plasma, la trasforma, la informa, di ciò che sarà il suo futuro.
          La parola dell'angelo è la parola di Dio. L'angelo è messaggero della volontà di Dio di fare di Maria uno strumento attraverso il quale si possa attuare il disegno divino. Qui Maria si mette nella disposizione di animo di accettare la volontà di Jhwh. Se la Sua volontà è quella di instaurare nel mondo corrotto dal peccato un mondo di giustizia, nel quale il fondamento è l'amore, allora Maria deve attenersi a questo volere. Deve mettere la sua vita in questo solco, già tracciato da Dio. Maria sa benissimo che deve "fare", cioè il suo essere a servizio di Dio vuol dire mettersi all'opera. La cosa importante in tutto questo, che non è certo lasciata sola. Ha Dio con Lei. Dio è in Lei.
          Maria conosceva il volere di Dio attraverso le sacre Scritture, ma questo non basta. Proprio per il fatto che la fede è un fatto di esperienza, di un incontro personale, Dio ci chiede di convivere con il mistero quotidiano dei suoi disegni, che non vengono comunicati solo per mezzo delle Scritture, ma anche attraverso eventi quotidiani che indicano la strada da percorrere con continui cambiamenti di rotta. Una caratteristica mette in risalto Maria rispetto le altre donne: la sua umiltà. avendo preso coscienza di ciò che per accadergli, cioè la particolare predilezione da parte di Dio, Lei non si montò la testa, ma si mise, invece, in ascolto quando continuava a meditare tutte queste cose. È un servizio svolto all'umiltà della persona, nel silenzio dove l'ascolto diviene l'unico cibo dove poter prendere il sostentamento quotidiano. Questo certamente non sarà mai cambiato in Lei. Se la sua condizione prima del parto era di ascoltatrice in attesa, dopo il parto lo fu in modo attivo. La Parola era con Lei.

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa: Maria non aspettò di certo a mettersi all'opera. Non vedeva l'ora di andare. Certo aveva accettato le parole dell'angelo, ma nel suo cuore aveva ancora bisogno di conferme, ma nello stesso tempo Lei adempie il volere divino: il servizio! Perché questa fretta? Dal momento in cui ha detto si a quella grandiosa manifestazione del disegno divino, Lei è entrata così profondamente nelle tinte di questo stupefacente quadro salvifico da non poter più aspettare. Dietro questa forza non c’è solo la volontà e l’entusiasmo di una giovane donna, ma fondamentalmente c’è la presenza di Dio, che non lascia mai soli i suoi figli e opera oltre le potenzialità dell’uomo. Così come lo stesso Luca ci dice, Egli rende possibile l’impossibile. La vita di Maria viene stravolta. Adesso il suo futuro è trasformato dalla presenza potente di Dio, il quale veicola dolcemente i passi di coloro che accettano il grande dono della fede e a Lui docilmente si affidano. Maria dal canto suo impara, giorno dopo giorno il modo di operare di Dio e impara l’obbedienza a questo modo di agire di questo dolce Dio. Quindi anche il suo mettersi in cammino è motivo di crescita nella consapevolezza di essere operaria umile del Salvatore, di colui che si è chinato verso l’uomo tanto da svuotarsi del suo essere e farsi umile anch’Egli. È la kenosi dell’incarnazione, che in questa piccola donna si fa realtà. Maria e Gesù, madre e Figlio, vivono questo parallelismo straordinario. La madre si fa serva di Dio per portare a tutti il Figlio, il Figlio si fa servo sofferente del Padre per l’uomo di tutti i tempi e di tutti i dove. Maria porta il verbo. Dunque il suo Si a questo atto divino non resta solo un attimo che è ormai passato, ma per tutta la sua vita influenzerà i suoi passi. Maria si mette in marcia con la consapevolezza di aver detto Si al suo Dio, un Dio geloso, esigente. Infatti, la vuole subito all’opera come umile ultima. La fretta è conseguenza di questo suo nuovo stato di vita. Non ne può fare a meno. I tempi sono brevi, non si può temporeggiare. È la risposta del fedele che, dopo il suo eccomi, deve necessariamente agire come Dio vuole ponendosi nel solco di Dio, come Maria ha fatto. La conversione del cuore in virtù del dono della fede non può essere un episodio della vita dell’uomo, che dopo tanto tempo viene ricordato, come un anniversario. No! Il Si a Dio esige il mettersi all’opera. Il cristiano è l’uomo del fare, anche nella contemplazione dell’amore di Dio, l’uomo fa la volontà del Padre. Tutto questo non basta, però. Maria va verso una regione montuosa, dice la pericope, cioè sale. Questo vuol dire che il suo incedere non è senza fatica, anzi. Vuol dire che la sua vita ha aperto un orizzonte in cui la sofferenza prima e il dolore poi saranno presenti. Mettersi a servizio di Dio, quindi non è certo uno scherzo. La fatica è certamente conseguenza del mettersi a lavoro, ma dal lavoro ci si può allontanare. Dal si al Signore no! È qualcosa che invade la tua vita profondamente. Lui ti tormenta l’anima a tal punto che anche un monte alto non è qualcosa di impossibile. «Tu mi hai fatto violenza e hai prevalso» (Ger 20). È la fatica del metterci di fronte a noi stessi, del lottare contro i propri limiti per andare oltre e arrivare alla vetta. È un rinnegare se stessi. Attenzione nulla è possibile di tutto questo all’uomo se non si pone nelle mani di Dio. Il rinnegare se stessi è umanamente impensabile. Cosa vuol dire rinnegare ciò che sono? Se sono fatto così posso mai cambiare totalmente? Umanamente non è certo facile. Ma il Signore ci accompagna in questa trasformazione attraverso l’azione potente e profonda dello Spirito Santo. In Maria questo era avvenuto e lo stato a cui Lei era giunta era permanente. Lo Spirito, come sappiamo l’aveva ricoperta dell’Amore divino e adesso il germe di questo Amore dimorava in Lei. Per il credente invece questo non è automatico. La presenza dello Spirito deve essere richiesta incessantemente perché il nostro essere è ancora carnale.

Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta: Maria esce da casa sua e va in un’altra casa. La casa è la metafora dell’accoglienza, dell’ospitalità, dei valori forti che non crollano. La casa è anche metafora del proprio essere interiore. «Entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto ti ricompenserà» (Mt 6, 6). È il luogo dei segreti più profondi, dove ognuno si rifugia per ritrovare se stesso, ma anche dove ci si nasconde da se stessi. È il luogo del raccoglimento, nel quale il cuore trova si libera dalle difficoltà esterne, dal mondo per ritrovare il giusto riposo e, per poi aprirsi nuovamente all’esterno. Maria ha ospitato nella sua casa l’angelo e ha accolto la Parola. Adesso esce, va fuori dove questa poter partecipare questa accoglienza. Lei non vuole nascondere il tesoro che ha ricevuto, ma lo mette subito a disposizione dell’altro. Possiamo affermare che, fin dai primi istanti Maria diventa evangelizzatrice. Lei vuole gridare a tutti ciò che è avvenuto. È il suo mettersi in relazione con gli altri. La casa degli altri è simbolo di partecipazione degli affetti. Entrare nella casa degli altri indica, appunto vivere intimamente la vita spirituale dell’altro. In questo caso la casa dell’altra, Elisabetta, è anch’essa piena di quella grazia divina, che riconosce nel tesoro di Maria il compimento di ciò che si è sempre creduto, sperato, amato: il Messia. Questo incontro inizia con il saluto. Come l’angelo salutò Lei nella sua casa, così Lei saluta Elisabetta nella sua casa. Il saluto fa partecipare della gioia dell’ospitato l’ospite. I due si rallegrano, si allietano, i cuori si aprono a nuove emozioni, che si iniziano a vivere insieme. Il saluto apre la conversazione divina fra le due mamme, che sono state elette al loro ruolo di compartecipatrici della storia della salvezza.

A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?: sembra che questa domanda sia superflua. La visita di Maria sembra inattesa, ma quando gli occhi delle sue si incrociano si capiscono subito. Le due portano in grembo la manifestazione dell’amore divino. L’amore conosce l’amore. Si Elisabetta ha già capito. la madre del mio Signore, dice. Ad Elisabetta subito gli si apre la conoscenza. Dio viene nella nostra casa segreta, dove siamo davvero noi stessi, senza menzogna. Egli apre con noi un dialogo, che inizia proprio nel nostro intimo per spalancare le porte della relazione, della partecipazione, anche della compassione. Ecco allora il primo modo di essere Serva di Maria. Ella è serva della Parola che si fa prossima. Realizza in Lei ciò che noi chiamiamo apostolicità, cioè l’essere mandati ad proclamare a tutti il regno di Dio. Certo sarà pure servizio ad una persona più anziana che ha bisogno di sostegno, ma ciò che porta Maria è l’amore e questo rinfranca e il cuore di Elisabetta.

          Maria allora si pone come donna dell’attenzione, donna che porta la parola, donna che umilmente fa di tutto per poter realizzare ciò che in Lei pienamente è in atto: l’amore supremo.
         
            «1Il terzo giorno vi una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno vino"» (Gv 2,1-2)


          Questa’altro episodio ci mostra Maria ancora al servizio. Le nozze di Cana. Giovanni ci dice che in una festa di nozze, a Cana, c’era già la madre di Gesù. Gesù sembra subentrare subito dopo. Nel bel mezzo del banchetto succede qualcosa e Maria dice al Figlio: "Non hanno vino". Facciamo attenzione alle parole di Maria. Non dice non c’è più vino, ma non hanno vino. Queste poche parole mostrano un’attenzione diversa dai soliti ospiti che non si occupano di ciò che manca in genere, ma di ciò che manca a loro. Lei invece si pone con occhi diversi. Gli occhi della madre di casa, della padrona di casa. Del servizio a questi sposi. Si preoccupa perché il banchetto non vada a buon fine. Che cosa è un banchetto di nozze se non la festa della vita. Maria non è una ospite ma una di casa. Lei vive di questa festa, è nella festa, partecipa della gioia di quei giovani. È la donna dell’attenzione, cioè quella virtù di cogliere i segni attorno a se, senza cadere, così, nell’ovvietà, nell’abitudine. Egli è interessata e questo interesse è atto d’amore, che fa comunione. Mancando il vino mancherebbe la festa, la gioia, l’amicizia, mancherebbe l’amore (in Israele il vino è simbolo di amore). Sembra una richiesta non necessaria, ma a quella festa per essere completa manca solo il vino. Come a noi che a volte manca quel qualcosa, poco, pochissimo, per essere felici, non solo da ricevere, ma anche da dare. Lei è pronta a farsi carico della richiesta a Dio. Il servizio è qui connotato come compassione verso l’amico al quale gli si da tutto, persino pregare per lui. Il servizio pretende che la preghiera, cioè l’accorato canto che sale a Dio sia per gli altri. L’abbiamo vista a casa sua, poi a casa della cugina adesso a casa di questi giovani. Il suo servizio è universale, non per pochi, ma tutti coloro si pongono in continuità con il Verbo. Sappiamo bene il legame tra Maria ed Elisabetta, Giovanni e Gesù, e da questo brano sappiamo che Gesù è conosciuto da questi sposi, è loro amico. Non solo, ma le case di Elisabetta e degli sposi sono i luoghi in cui gli affetti si realizzano appieno. Ricordate: Da Elisabetta l’amore incontra l’amore, qui, a Cana l’amore è al suo compimento sponsale. L’amore qui diventa unità di due in una carne sola. L’amore diviene l’unico veicolo per cui Maria agisce a servizio. Non è un amore normale, ma lo stesso Amore di Dio che pretende di essere messo al primo posto. Non possono esserci due amori nella vita di colui e colei che si mette al servizio di Dio. Un solo amore, un solo Dio origine di questo amore.

         «5Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze. 6Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. 7Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai» (Dt 6, 5-7)

Ecco perché Maria si mette a servizio e il suo essere a servizio si traduce con amore infinito. Questo amore è totale, cioè universalità. Amare tutti. Con il teologo Bonhoeffer possiamo affermare che ogni grande amore è polifonia esistenziale. Questa polifonia, cioè un’armonia di un unico suono fatto da tante voci correlate le une con le altre, diventa significato di vita. Ciò vuol dire che l’amore deve aprirsi all’altro così tanto da diventare con gli altri un unico suono e questo è l’Amore di Dio, l’amore che non vuole sconti, ma anzi che chiede di essere motivo di esistenza. Quale forza, allora Maria, ha avuto in se per ritrovarla nuovamente sotto la croce nel dolore più profondo, ma con il cuore traboccante d’amore quando il suo Figlio dal legno gli dice, “donna ecco tuo figlio”. Anche li, il cuore di mamma straziato per la sofferenza irreale del proprio figlio non si tira indietro, ma abbraccia la vita, una nuova vita, quella del discepolo che Gesù aveva amato.
          Allora Maria, alle nozze di Cana, è presente perché lei stessa è il luogo germinale di una nuova umanità, la “stanza nuziale” dove si abbracciano, dove si amano l’uomo e il suo Dio; ancora una volta in un’atmosfera di gioia, come con l’angelo, come con Elisabetta. Gioia: radice mariana della fede. È la madre della gioia, della festa, e non solo del dolore. Lei è al servizio della gioia, la gioia del cristiano che non può avere il pianto nel cuore, perché il suo Dio, attraverso il suo unico Figlio si è reso presente, e si fa ancora presente nello Spirito santo. La resurrezione di Cristo ci rende necessariamente gioiosi, perché la morte è stata sconfitta e adesso abbiamo la possibilità di vedere quest’amore, lo stesso amore di Maria, faccia a faccia.

          Maria è la serva perché dice Si al suo Signore, perché si affretta a condividere questo amore, perché questo amore sia attento all’altro, che diventa motivo di esistenza, perché la necessità di amare Dio con tutta se stessa la fa essere piena di gioia, di serenità, di pace, pronta alla consolazione, all’abbraccio, alla compassione, alla rinuncia di se per altro. Perché tutto questo è l’Amore.

Piccola Bibliografia

S. DE FIORES – V. FERRARI SCHIEFER – S. M. PERRELLA, Dizionario di Mariologia, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2009.

T. RICCI, Diario di Maria, il volto interiore della Madre di Dio, Città Nuova Editrice, Roma 2006.

E. RONCHI, Le case di Maria. Polifonia dell’esistenza degli affetti, Ed. Paoline, Milano 2006.

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