Il senso dell'essere...

E' bello poter vivere con i fratelli occasioni particolari, che rimangano nel tuo cuore. E' meraviglioso sapere che le tue stesse sensazioni sono vissute dagli altri nello stesso modo. E' stupendo comprendere come ciò che interessa all'altro non sei tu per ciò che rappresenti, ma per ciò che sei. Vivere profondamente l'esperienza dell'amicizia, che è fondata sull'amore vicendevole che Cristo ci ha mostrato, è l'unica modalità per cui tutto ciò si può avverare. "Pietro mi ami? si, Padre, con tutti i miei limiti io mi sforzo di amarti nel fratello che mi poni dinanzi.

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martedì 9 ottobre 2012

La porta della fede

La "porta della fede" (cfr At 14,27) che introduce alla vita di comunione con Dio e permette 
l’ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per noi. E’ possibile oltrepassare quella soglia quando la Parola di Dio viene annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla grazia che trasforma.

Così il Santo Padre apre il motu proprio porta fidei tracciando alcune direttrici dalle quali non si può uscire e solo per le quali si può giungere ad oltrepassare la soglia, attraverso la quale ci si ritrova nella comunione con l'Altissimo: l'annuncio della Parola e la conversione del cuore. Annuncio e conversione. I due concetti sarebbero vuoti se non ponessimo al centro il contenuto essenziale ed originante degli stessi: Cristo Gesù. L'annuncio e la conversione sono, allora, due momenti significativi dell'uomo, che incontra il Cristo sulla strada verso Gerusalemme, indicante agli amici discepoli l'unico luogo in cui poter abbracciare realmente la sua vita, cioè la croce e proprio sotto la croce quell'uomo si spoglia finalmente dell'ultimo brandello del sovrabbondante Io per porsi con tutto se stesso, con la forza della sua ragionevole e ragionata adesione all'unica risposta di senso del suo divenire, in ossequiosa obbedienza a quel Nulla, che non finisce mai di chiedergli: mi ami? Come l'andare verso Gerusalemme di Gesù, anche per l'uomo, come ai discepoli, il cammino verso la soglia è a volte faticoso, a volte incomprensibile, a volte entusiasmante, altre volte insostenibile. Eppure solo in questo lungo andare l'uomo diviene veramente uomo, incontra se stesso nella vita stessa del Nazareno, si scontra con le sue paure, che non gli permettono di affrettare il passo, che lo lasciano radicato entro i limiti del performismo, che lo costringe alla sterilità dell'esistenza entro sembianze di libertà, divenuta essa stessa l'espressione di quel relativismo, che accetta le verità di tutti come verità assolute per se stesse. L'uomo nel Cristo riconosce l'uomo.
Egli smaschera ogni ambivalenza dell'animo, rende evidente il "gap" di una vita ripiegata verso il proprio essere con la vita consegnata gratuitamente all'altro solo per il fatto che nell'altro l'esistenza si riempie di significato. In questo lungo andare l'uomo riscopre "l'entusiasmo" della vita. E' l'entusiasmo che nasce dal si a quell'Uomo incontrato al pozzo in una giornata assolata, affaticata, stancamente vissuta. E' l'entusiasmo che nasce da quella Sua parola imbarazzante, sconvolgente, impetuosa, intimamente devastante. E' lo stesso entusiasmo di coloro che, pur nell'evidenza della proprio fallimento, gettando le reti, nell'affidamento radicale al Figlio di Dio, rinascono a vita nuova. E' lo slancio della fede incondizionato, che non trova scuse alcune, che vince ogni difficoltà, che piega ogni forza, che si abbandona nelle mani del Maestro, del Fratello, del Padre misericordioso. E' di questa fede che oggi si vuole parlare. 
Bisogna che ci sia l'"esatta coscienza della (propria) fede, per ravvivarla, per purificarla, per confermarla, per confessarla", come lo stesso Paolo VI affermava indicendo egli stesso un anno simile a questo (cf. Porta Fidei 4). Si! l'esatta coscienza della propria fede, cioè della fede che la Chiesa stessa professa in Dio Padre, in Cristo Gesù, nello Spirito Santo. Oggi come allora, quando lo stesso Papa Giovanni XXIII e poi il suo successore ebbero la capacità di leggere i tempi, sospinti dalla forza dello Spirito, proclamavano e portavano a termine il grande concilio Vaticano II, dobbiamo chiedere allo stesso Spirito la capacità di leggere i tempi per "riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede". Così lo stesso Agostino, come è citato nella lettera Apostolica, ci dice: "i credenti si fortificano credendo". Il nostro "Si" responsabile, credibile, ragionevolmente accettabile può solo esprimersi nella continua riscoperta della fede in Cristo Gesù, perchè "Solo credendo [...] la fede cresce e si rafforza; non c’è altra possibilità per possedere certezza sulla propria vita se non abbandonarsi, in un crescendo continuo, nelle mani di un amore che si sperimenta sempre più grande perché ha la sua origine in Dio" (PF 7). 
Con questa piccola riflessione voglio augurare a tutti i fratelli nella fede buon cammino.

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